Origini e storia dell’opera
Origini e storia dell’opera
Questo kantharos e il seguente (inv. 24.S556-18.254), con il quale forma una coppia, era utilizzato per bere durante il banchetto o i riti in onore del defunto. È probabile che fossero stati deposti nella stessa tomba poiché, nell’ultimo venticinquennio del IV secolo a.C., era prassi piuttosto comune l’ostentazione del proprio status anche mediante la duplicazione rituale.
Caratterizzato dalle alte anse chiuse ad anello sul labbro che facilitavano la presa durante l’atto potorio, questo kantharos è decorato sul lato principale con una biga al galoppo guidata da una Nike che indossa un lungo chitone e un manto (himation) svolazzante. L’auriga ha i capelli raccolti in una reticella (sakkòs), indossa un diadema pendente oltre l’orecchio, una collana di perle e bracciali ai polsi. Sull’altro lato è un Erote androgino, anch’esso ornato con gioielli, con le ali spiegate seduto su roccia con delle offerte in mano, una situla e una cista rettangolare con coperchio alzato dalla quale spuntano due alabastra. Due protomi femminili applicate alle anse si sporgono sul liquido contenuto e, assieme all’esuberante uso di suddipinture policrome per la decorazione figurata e per i dettagli, contribuiscono al ricco ornato del vaso.
La biga come motivo ornamentale è alquanto inconsueta su kantharoi di questo tipo, che privilegiano scene muliebri, teste femminili, o Eroti alati, e compare in importanti ipogei dauni del periodo, quale l’ipogeo Varrese di Canosa dove un esemplare analogo è attribuito al Gruppo del Carro.
Periodo: 325-300 a.C.
Materiale: Ceramica
Bene recuperato ad opera del Comando
Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

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