Origini e storia dell’opera
Origini e storia dell’opera
La testa, dotata di un largo collo svasato e priva di fondo, ha il viso ovale con grandi occhi a mandorla e la bocca carnosa; i capelli hanno la scriminatura centrale e sono resi in ciocche sottili di color rosso mattone e raccolti in due bande che coprono le orecchie, con un bottone centrale sulla fronte. Molto accurata è la resa dei dettagli, quali il sakkos a rete in cui sono raccolti i capelli, dipinto in rosa, e lo spesso diadema decorato con foglie appuntite dipinte in celeste, bianco e rosa. Sulla sommità del capo si imposta una figura femminile stante, cd. tanagrina, appoggiata all’alta ansa costolata, completamente avvolta nel lungo himation panneggiato sul chitone; il volto è ovale, i capelli sono pettinati come nella testa di dimensioni maggiori, così come identico è il diadema foliato che indossa assieme ai grossi orecchini a disco. Ai suoi lati, applicate sulla sommità della testa portante, sono due protomi femminili uscenti da un calice floreale, le cd. “donne fiore”.
La testa rientra in una particolare tipologia di suppellettili di notevoli dimensioni che, prodotta a Canosa (Daunia meridionale) tra la fine del IV secolo e gli inizi del III a.C., rappresenta l’evoluzione morfologica delle brocche trilobate con testa femminile (oinochoai), alle quali viene sostituito il collo con una figura femminile a tutto tondo addossata all’ansa. Perduto il compito di versare liquidi, come indica l’assenza dell’imboccatura e del fondo, esse svolgevano funzione esclusivamente funeraria, quale arredo nei più prestigiosi ipogei di Canosa dove, per la loro forte connotazione simbolica, erano finalizzate alla celebrazione del defunto del quale esaltano il prestigio economico e sociale.
Periodo: fine IV - inizi III secolo a.C.
Materiale: Ceramica
Bene recuperato ad opera del Comando
Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

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