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Collaboratori e testimoni di giustizia e l’Ordinamento penitenziario

Approfondisci il ruolo della DNA in tema di collaboratori e testimoni di giustizia, regime detentivo speciale ex 41-bis o. p. e benefici penitenziari

INDICE DELLA PAGINA

I Collaboratori e i testimoni di giustizia

I Collaboratori e i testimoni di giustizia

I collaboratori di giustizia sono soggetti, con un passato delinquenziale, che con le loro dichiarazioni consentono di acquisire elementi utili alle indagini per  reati di competenza distrettuale e su strutture, strategie, modalità operative ed obiettivi di gruppi criminali.  

 

A differenza dei collaboratori, i testimoni di giustizia sono persone offese da reati o comunque  estranee ai gruppi criminali ed alla commissione dei delitti, su cui riferiscono.  

 

Se tali dichiaranti risultano attendibili, forniscono informazioni utili e vengono a trovarsi in una situazione di pericolo, sono inseriti all’interno di un circuito tutorio per garantirne l’incolumità, su richiesta della Procura che procede e con decisione della Commissione centrale per l’applicazione e la definizione delle speciali misure di protezione.  

 

In tali ambiti, la DNA rende un proprio parere in tutte le fasi del percorso di collaborazione con la giustizia di tali categorie di dichiaranti e in caso di richiesta dei benefici penitenziari, quando previsto dalla legge.

 

In sintesi la DNA: 
 

  • Su richiesta della Commissione Centrale, esprime il preventivo parere per l’applicazione del piano provvisorio di protezione, d’intesa con le Procure interessate. Nei 180 giorni successivi, dopo la sottoscrizione del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione, la Commissione Centrale valuta, previo parere della DNA, l’inserimento del collaboratore di giustizia in un programma speciale di protezione, che può essere esteso anche ai familiari che vi acconsentano. 
     
  • Esprime le proprie valutazioni sulla concessione, modifica, proroga e revoca delle speciali misure di protezione in favore dei testimoni di giustizia. 
     
  • Si esprime con specifici pareri sull’eventuale applicazione di misure di tutela ulteriori, quali ad es. il cambio di generalità, nonché sulle richieste della Commissione Centrale di cessazione con capitalizzazione o  revoca dei programmi di protezione. Esprime le proprie valutazioni anche sulla concessione di benefici penitenziari, richiesti dai soggetti collaboranti. 

I Detenuti sottoposti al regime detentivo speciale ex art.  41-bis o.p.

I Detenuti sottoposti al regime detentivo speciale ex art. 41-bis o.p.

L’applicazione del regime detentivo speciale previsto dall’art. 41- bis o.p., che comporta una sospensione temporanea delle regole ordinarie di trattamento, è disposta con decreto motivato del Ministro della Giustizia.

 

La prima applicazione ha una durata di quattro anni. Alla scadenza è possibile un rinnovo per altri due anni, ulteriormente prorogabili. Il rinnovo è disposto quando non risultino elementi da cui desumere il venir meno della capacità del detenuto di mantenere rapporti con l’organizzazione criminale di riferimento.

 

Avverso l’applicazione o il rinnovo del regime differenziato può essere proposto reclamo innanzi al Tribunale di Sorveglianza di Roma.

 

L'attività svolta dalla DNA in materia di detenuti sottoposti al regime detentivo speciale ex art 41-bis o.p. si esplica attraverso: 

I Benefici penitenziari richiesti da detenuti non collaboratori

I Benefici penitenziari richiesti da detenuti non collaboratori

Il decreto legge 162/2022 , convertito nella Legge  n.199 del 30 dicembre 2022, ha previsto che alla DNA ed alle  Procure distrettuali di volta in volta competenti   venga chiesto dal Tribunale di sorveglianza l’espressione di  parere sulle istanze di ammissione ai benefici penitenziari presentate da detenuti ed internati  ristretti per i reati cd. ostativi,  di cui agli artt. 51 comma 3 bis e comma 3 quater c.p.p. (art. 4 bis, comma 2,  o.p.).

 

Il nuovo art. 4 bis o.p. consente l’applicabilità dei benefici penitenziari ove i detenuti:  

 

a) “dimostrino l'adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l'assoluta impossibilità di tale adempimento…”;  

 

b) “….e alleghino elementi specifici … che consentano di escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi”.  

 

La norma specifica che questi elementi debbono essere diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall'organizzazione criminale di eventuale appartenenza.  

 

c) “Inoltre, va tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta altresì la sussistenza di iniziative dell'interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustizia riparativa”.

 

Detti pareri sono redatti dai magistrati dell’ufficio secondo un turno settimanale, previa acquisizione di informazioni dalle Procure distrettuali competenti, dallo SCICO (Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata) della Guardia di Finanza, dalla Direzione Investigativa Antimafia e dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

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