Origini e storia dell’opera
Origini e storia dell’opera
Sul lato A, domina la raffigurazione di un uomo maturo e barbato, seduto; nella mano destra tiene un bastone, simbolo di potere. Il giovane accanto è colto nell’atto di incoronarlo con una corona di alloro.
Le due figure sono racchiuse dentro un naïskos, cioè un piccolo tempio, bianco al pari dei personaggi principali. All’esterno del naïskos, appoggiata sul basamento, vi è una patera, cioè un vaso per le libagioni. Il soggetto pittorico del naïskos è tipico di molti vasi del IV sec. a.C. restituiti dalle necropoli apule e serviva a fissare l’immagine del defunto aristocratico, isolandolo nella sua individualità, e come metafora del superamento della morte. Nell’immaginario degli antichi Greci, il bianco è anche simbolo di luce e di purezza e, per la sua brillantezza, è assimilato all’oro, il colore del divino.
Sul lato B, è riproposto il soggetto pittorico del naïskos, ma al suo interno è ora raffigurato un giovane atleta in nudità eroica, con i capelli fermati da una benda, lo strigile nella destra, un bastone nella sinistra e, sullo sfondo, una palla.
Le parti secondarie del vaso sono decorate perlopiù da motivi vegetali.
Il cratere si inquadra nella fase tarda della ceramografia apula a figure rosse, il cd. stile “ornato”, nella quale si utilizzano in chiave funeraria soggetti tratti dal mito greco che popolano le superfici di vasi di dimensioni monumentali, anche su più registri, con un considerevole effetto coloristico che viene amplificato dall’abbondante impiego delle suddipinture. Lo stile della decorazione figurata del vaso consente l’attribuzione al Gruppo della Metopa.
Periodo: 340-330 a.C.
Materiale: Ceramica
Bene recuperato ad opera del Comando
Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

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