Origini e storia dell’opera
Origini e storia dell’opera
Il termine hydria individua un vaso da acqua con tre anse, una verticale sul retro, per attingere acqua dalla fontana e per versarla, e due orizzontali laterali per il trasporto, mansione questa tradizionalmente affidata alle donne. In ambito apulo il tema decorativo prediletto è quello del rituale funerario, nel quale l’acqua è utilizzata per scopi lustrali, con scene di offerenti attorno al naiskos come compare anche su questo esemplare dove, entro il sacello funerario, è l’immagine idealizzata della defunta seduta su un capitello ionico con indosso una veste purpurea, e la sua ancella, stante, che le porge un cofanetto con la sinistra. Il ceto sociale elevato ricoperto in vita dalla defunta è rimarcato dall’abbigliamento, dai gioielli, nonché dai doni che le vengono offerti anche dalle due figure all’esterno del naiskos, come la cista e lo specchio, mentre il gomitolo di lana nella mano destra sancisce il suo ruolo di donna sposata. Un ricco apparato vegetale (anthemion) ricopre la restante superficie del vaso.
La presenza di schemi ricorrenti legati al mondo femminile, unita ai motivi ornamentali e alle dimensioni monumentali, suggeriscono di inserire questo vaso nel nucleo produttivo del “Ceramografo di idrie con raffigurazioni di naiskoi”, le cui officine, attive tra il 340-320 a.C., sono state localizzate a Taranto e in Peucezia.
Periodo: 340-320 a.C.
Materiale: Ceramica
Bene recuperato ad opera del Comando
Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale

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Galleria fotografica
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